La sfida di Gerbi e Galetti va in scena a maggio 1912 per una questione di parola data e non onorata: Galetti aveva garantito a Gerbi di correre il Giro per la nascente squadra del Diavolo Rosso, provvisto di bici Gerbi. Con loro Rossignoli e forse Cuniolo. Galetti si accasa invece con l’Atala, la nuova formazione padovana, con Ganna, Pavesi e Micheletto. Molto risentito, Gerbi fa consegnare una lettera a Eberardo Pavesi in cui propone la sfida a Galetti in una corsa a cronometro sui 300 chilometri. La posta sono diecimila lire: un’enormità. Eugenio Costamagna, fondatore della Gazzetta e inventore del Giro, rende pubblica la sfida e si schiera apertamente per il Diavolo Rosso. Galetti all’inizio si scoraggia: non è nel suo carattere impegnarsi in sfide, non ama il rischio e la cifra della scommessa lo inquieta: con la mediazione di Pavesi e l’intervento di Costamagna, la posta si abbassa a mille lire.
Il giorno della sfida piove e fa freddo e questo mette a disagio Galetti. Per sorteggio parte per primo Gerbi e Galetti si avvia un’ora dopo. Ognuno dei due è seguito da due auto che controllano la regolarità degli sfidanti. Su una delle vetture che tallonano Carlo Galetti sostano in quattro: Pavesi è seduto davanti vicino all’autista; Vincenzina dietro con Alfredo Focesi, cognato di Gerbi, che sorveglia per suo conto. Sotto la lunga gonna, la donna tiene i viveri per Galetti: il riso e latte di cui è ghiotto, ancora tiepido, frutta cotta e caffè. Si corre sempre sotto l’acqua. Dopo 25 chilometri, a Legnano, i due sono in esatta parità. Gerbi guadagna terreno, arriva ad avere due minuti di vantaggio. A Galetti uno spettatore a bordo strada grida che ha cinque minuti di ritardo. Non è vero, ma Galetti all’annuncio va in crisi.
A Treviglio i due sono divisi da quattro minuti e mezzo, a favore di Gerbi, ma la sfida prende un’altra piega: a Monza, sulla via per Milano, i cinque minuti sono a favore di Galetti che chiude il confronto con 4 minuti e 40 secondi di vantaggio. I due brinderanno, giorni dopo.